Oggi il magistrato Agostino Abate dalle accuse di abuso d’atti d’ufficio e altro è stato assolto dalla Prima Sezione del Tribunale di Brescia con la formula più ampia, cioè che “i fatti non sussistono”.
Il magistrato varesino, attualmente giudice del Tribunale di Como, ha voluto ringraziare i suoi difensori, avvocati Alberto Scapaticci e Matteo Domenighini, che con grande professionalità hanno dimostrato la totale infondatezza delle calunniose e strumentali accuse mosse ” da imputati in cerca di impunità – spiega Abate- e da qualche incerto magistrato smentito in ogni sede”.
“La decisione odierna del Tribunale di Brescia ristabilisce la verità – prosegue il magistrato- e mi libera dal vincolo del riserbo che doverosamente ho tenuto per tutti questi anni, sopportando in silenzio ingiuste decisioni” .
I FATTI
Il magistrato Agostino Abate, ora in forza al tribunale ordinario di Como, era stato rinviato a giudizio dal gup di Brescia con le accuse di abuso d’ufficio e favoreggiamento continuati per costringere un teste a commettere un reato.
La vicenda si riferiva all’inchiesta aperta dall’allora sostituto procuratore di Varese sulle attività della famiglia Polita, in particolare sui fratelli Sandro e Antonello, in relazione al fallimento del gruppo Ansafin e al crack della clinica La Quiete.
Le accuse nei confronti di Sandro Polita erano di bancarotta, corruzione, calunnie e anche tentata estorsione.
Proprio questa indagine, aperta dal magistrato, aveva scatenato una lunga serie di denunce ed esposti proprio di Polita che lo accusava di gravi reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni.
Da parte sua il magistrato varesino ha sempre ritenuto infondate le accuse.
Addirittura la procura della Repubblica di Brescia aveva chiesto per ben 4 volte l’archiviazione e in udienza aveva anche chiesto il proscioglimento di Abate.
Ma il Gup di Brescia aveva ritenuto necessario il giudizio innanzi al Tribunale, con una imputazione coatta che si è risolta oggi con l’assoluzione con la formula più ampia, perché “i fatti non sussistono”.
Già a suo tempo il magistrato varesino parlava di false e calunniose accuse che avevano solo l’obiettivo di delegittimare il lavoro fatto in oltre trent’anni a Varese, per garantirsi l’impunità dai reati scoperti nelle indagini da lui condotte.
E’ bene ricordare che il Tribunale Civile di Milano, per i fatti emersi nell’indagine varesina “La Quiete”, ha già condannato gli amministratori di quelle società a risarcimenti milionari a favore delle stesse società fatte fallire, con la perdita di tanti posti di lavoro, la scomparsa di imprese sanitarie centenarie, e debiti non onorati verso i fornitori e lo Stato per oltre quaranta milioni di euro.
Da sottolineare che nel 2018 la Corte di Cassazione decise il trasferimento di Abate alla sezione civile del tribunale di Como in merito alla trattazione del caso Uva.
Anche in quella occasione Abate disse di non condividere la decisione pur rispettandola.
“La contestazione fattami è quella di non aver voluto accusare, come pretendeva una campagna mediatica e politica, di gravi reati Servitori dello Stato che le prove indicavano invece come del tutto innocenti, come confermato dall’esito dei processi in Assise, in primo e secondo grado».
Assoluzione che venne confermata anche in Cassazione, ma che non cambiò le sorti del magistrato.
«Essere sanzionato per non aver ceduto ad alcuna pressione non è un disonore, e continuerò a svolgere il lavoro di magistrato difendendo sempre la mia autonomia» aveva concluso il magistrato in una nota.
Con la decisione di oggi è stata ribadita la totale estraneità del magistrato varesino da ogni accusa e la sua assoluta correttezza personale e professionale.
In questa vicenda sono in tanti ora a doversi fare un esame di coscienza.