Il procuratore di Verbania Olimpia Bossi, titolare dell’inchiesta sulla strage della funivia Stresa – Mottarone, si è scagliata contro le testate giornalistiche che hanno pubblicato il video dell’incidente, mostrando lo scivolamento della cabina numero 3, l’impatto con il pilone e la caduta al suolo.
Le immagini sono molto forti, perché mostrano il momento in cui la cabina è praticamente arrivata in cima e poi è precipita a causa della fune spezzata. A bordo si intravedono le quattordici persone che hanno perso la vita più il piccolo Eitan, l’unico sopravvissuto di questo drammatico incidente. Il video mostra il salto nel vuoto della cabina ma non l’impatto a terra, che avviene dietro al rilievo.
“Mi preme sottolineare l’assoluta inopportunità della pubblicazione delle immagini che ritraggono gli ultimi drammatici istanti di vita dei passeggeri della funivia, per il doveroso rispetto che tutti siamo tenuti a portare alle vittime, al dolore delle loro famiglie, al cordoglio di un’intera comunità“, ha scritto in una nota la Pm Bossi.
“Portare a conoscenza degli indagati e dei loro difensori gli atti del procedimento a loro carico nelle fasi processuali in cui ciò è previsto, non significa per ciò stesso autorizzare ed avallare l’indiscriminata divulgazione del loro contenuto agli organi di informazione” continua il procuratore. La Bossi ha sottolineato che la pubblicazione delle immagini era vietata trattandosi di atti che, benché non più coperti da segreto, “sono relativi a procedimento in fase di indagini preliminari“. Soprattutto, ha aggiunto Bossi, “si tratta di immagini dal fortissimo impatto emotivo, oltretutto mai portate a conoscenza neppure dei familiari delle vittime la cui sofferenza, come è di intuitiva comprensione, non può e non deve essere ulteriormente acuita da iniziative come questa“.
Nell’inquadratura interna alla stazione si vede anche l’addetto che attende l’arrivo della cabina: a un certo punto alza la testa, percependo che qualcosa non va. Poi la fune si spezza, la cabina precipita e l’uomo corre a chiamare i soccorsi, anche se è subito chiaro che c’è ben poco da fare.